I primi piatti, in particolare quelli a base di pasta, rappresentano da sempre il punto di forza della cucina italiana. Non solo perché i consumatori italiani se ne confermano gli eterni innamorati e non riuscirebbero a rinunciarvi nemmeno sotto tortura -quante diete anti-primi sono passati sotto i ponti?- ma anche perché il primo piatto asciutto, a differenze delle minestre in brodo diffuse pressoché ovunque, rappresenta l'autentica pietra angolare della gastronomia italiana: è il tratto distintivo e valorizzante della cucina italiana in Europa e nel mondo.
Se chiedete ad un consumatore straniero che cosa cerca e apprezza nella nostra cucina, vi risponderà, quasi per riflesso condizionato: la pasta, la pizza, il risotto. E' questa la differenza fondamentale che rende la nostra cucina apprezzata e diversa rispetto a tutte le altre cucine.
Ma cosa rende così popolare il primo piatto all'italiana, soprattutto la pasta?
E' un “contenitore goloso”, suscettibile di mille variazioni sul tema, è economico e anche facile e rapido da preparare, incontra il gusto di tutti, grandi e piccoli, “fa festa” a tavola all'insegna di una convivialità informale e, sotto il profilo nutrizionale, è un alimento sano, essendo perfettamente allineato ai precetti della dieta mediterranea.
Ci si deve tuttavia chiedere se, a fronte dei rapidi cambiamenti in atto negli stili alimentari e nei ritmi di vita, la formula del primo piatto all'italiana risulterà ancora valida nel prossimo futuro.
La risposta è sicuramente positiva, a patto che la ristorazione sappia rispondere in modo efficace ai bisogni emergenti dei consumatori di tutta Europa. Bisogni che si possono così riassumere: velocizzazione, semplificazione, compensazione.
I primi piatti, in particolare quelli a base di pasta, rappresentano da sempre il punto di forza della cucina italiana. Non solo perché i consumatori italiani se ne confermano gli eterni innamorati e non riuscirebbero a rinunciarvi nemmeno sotto tortura -quante diete anti-primi sono passati sotto i ponti?- ma anche perché il primo piatto asciutto, a differenze delle minestre in brodo diffuse pressoché ovunque, rappresenta l'autentica pietra angolare della gastronomia italiana: è il tratto distintivo e valorizzante della cucina italiana in Europa e nel mondo.
Se chiedete ad un consumatore straniero che cosa cerca e apprezza nella nostra cucina, vi risponderà, quasi per riflesso condizionato: la pasta, la pizza, il risotto. E' questa la differenza fondamentale che rende la nostra cucina apprezzata e diversa rispetto a tutte le altre cucine.
Ma cosa rende così popolare il primo piatto all'italiana, soprattutto la pasta?
E' un “contenitore goloso”, suscettibile di mille variazioni sul tema, è economico e anche facile e rapido da preparare, incontra il gusto di tutti, grandi e piccoli, “fa festa” a tavola all'insegna di una convivialità informale e, sotto il profilo nutrizionale, è un alimento sano, essendo perfettamente allineato ai precetti della dieta mediterranea.
Ci si deve tuttavia chiedere se, a fronte dei rapidi cambiamenti in atto negli stili alimentari e nei ritmi di vita, la formula del primo piatto all'italiana risulterà ancora valida nel prossimo futuro.
La risposta è sicuramente positiva, a patto che la ristorazione sappia rispondere in modo efficace ai bisogni emergenti dei consumatori di tutta Europa. Bisogni che si possono così riassumere: velocizzazione, semplificazione, compensazione.
Velocizzazione: il tempo è sempre più una risorsa scarsa e la ristorazione deve necessariamente adeguarsi con attrezzature e prodotti in grado di rispondere all’esigenza di ridurre i tempi di attesa e di consumo;
Semplificazione: l’atteggiamento prevalente dei consumatori è quello di semplificare la struttura dei pasti. La classica quadripartizione del menù in antipasto – primo – secondo – dessert è ormai desueta ed improponibile fuori dai confini italiani: non può più essere considerata la formula standard del pasto fuori casa;
Compensazione: la velocizzazione e la semplificazione sono, di fatto, una rinuncia obbligata; si mangiano meno pietanze e sempre più frettolosamente. Emerge quindi una richiesta di “risarcimento”, psicologico e gastronomico, che porta il consumatore a chiedere di più a quello che mangia. Più sapore, più piacere, più soddisfazione.
In questo contesto, la trasformazione del primo piatto in piatto principale o in piatto unico è, con ogni probabilità, la risposta più efficace.
In effetti, se pensiamo alla pasta arricchita o guarnita, per esempio con pesce o carne, la formula del piatto unico riesce ad ereditare tutte le positività del primo piatto, cioè la gustosità, la capacità di aggregazione conviviale, la promessa di salubrità, aggiungendone una nuova e fondamentale: la completezza, che è nutrizionale e gastronomica allo stesso tempo.
Dal punto di vista della ristorazione, inoltre, questa formula, se adeguatamente sostenuta da capacità produttiva e soluzioni innovative, può rivelarsi vincente perché, oltre a soddisfare efficacemente i bisogni di velocizzazione, semplificazione e compensazione, incoraggia la fantasia e la creatività dei ristoratori, doti sempre più richieste dal consumatore contemporaneo.