07 gennaio 2007

Trend e modelli di consumo alimentare

I modelli di consumo alimentare sono oggi in profondo cambiamento, sia negli aspetti quantitativi, con una accresciuta sensibilità al livello di spesa totale e al prezzo dei prodotti alimentari, sia negli elementi qualitativi con l’emergere di nuovi stili di vita e di correlati bisogni alimentari

Per quanto attiene gli aspetti quantitativi del consumo, il trend di cambiamento è rappresentato dal diverso atteggiamento alla spesa alimentare e alla variabile decisionale “prezzo”. Infatti, le famiglie italiane hanno mostrato per tutto il 2004 una bassa propensione generale al consumo, causata soprattutto dalla dinamica inflazionistica e dalla conseguente percezione di perdita del potere di acquisto. Tale percezione, amplificata dal clima di incertezza economica nazionale e internazionale, ha generato un atteggiamento di consumo prudenziale anche per un comparto storicamente anticiclico quale l’alimentare:

* si è triplicata la quota di consumatori intenzionata a ridurre il budget di spesa per prodotti alimentari, passando dal 5,3% nel 2002 al 16% nel 2004 secondo i dati Doxa;
* il consumatore ha sviluppato un’elevata sensibilità al prezzo, riducendo gli acquisti di prodotti premium price a favore di prodotti trainati da promozioni di prezzo (l’83,5% degli intervistati Doxa 2004 dichiara di acquistare prodotti in promozione/offerta).


La maggior sensibilità al prezzo è stata inoltre una delle principali motivazioni di accreditamento di format distributivi che, in Italia, avevano precedentemente avuto vicende alterne. Il discount, sebbene rivisitato attraverso la presenza di referenze branded, ha infatti guadagnato significative quote di mercato.

Dal punto di vista qualitativo, i modelli di consumo stanno evolvendo velocemente in relazione ai significativi cambiamenti della struttura socio-demografica italiana, tra i quali i più determinanti sono l’ormai consolidata prevalenza della popolazione femminile lavoratrice e la crescita continua dei single. Le famiglie composte da una sola persona oggi ammontano a circa 5 milioni e rappresentano il 10% della popolazione e il 24% delle famiglie italiane (Istat 2003). Tali percentuale è maggiore al Nord (26-28% delle famiglie) e nelle aree metropolitane. Questi cambiamenti demografici hanno significativamente cambiato le abitudini alimentari degli italiani: sviluppo dei consumi alimentari extradomestici, crescita della domanda di ready meal e snack, emergere della figura maschile come responsabile degli acquisti alimentari.

Un trend forte di cambiamento è rappresentato dall’affermazione dei consumi alimentari extradomestici: nel primo semestre 2004, la spesa per i consumi fuori casa è stata di 17.880 milioni di euro, rappresentando il 30% dei consumi complessivi e coinvolgendo quotidianamente circa 15 milioni di persone (Ismea 2004). Il 34% della spesa per pasti fuori casa è destinata al pranzo, in trasformazione verso la portata unica (44% di preferenze per la pasta) e verso la snackizzazione (48% di preferenze verso Bar e Pizzerie). La cena fuori casa è invece vissuta come un’occasione conviviale e di svago e rappresenta il 49% della spesa in consumi alimentari extradomestici.

Un altro segnale di cambiamento, attualmente debole ma con un importante trend di crescita, è l’emergere dell’uomo come responsabile di preparazione dei pasti domestici e di acquisto dei prodotti alimentari: l’8% degli uomini italiani cucina abitualmente i pasti domestici e ben il 15% della popolazione maschile italiana adulta è responsabile d’acquisto (Doxa 2004). Ciò introduce nuovi elementi di valutazione: se l’acquisto e il rapporto femminile con i prodotti alimentari è trainato maggiormente da fattori salutistici, quello maschile è invece maggiormente orientato da elementi edonistici e di gusto.

Inoltre ci sono segnali importanti di sviluppo di nuovi mercati nei quali il nuovo consumatore si muove alla ricerca di un equilibrio individuale: località verso globalità, tecnologia verso naturalità, edonismo come forma fisica oppure come culto del gusto e del piacere. Emergono cioè elementi nuovi di valutazione valoriale e funzionale dei prodotti. Questo trend si esplicita nella rapida crescita di alcuni mercati: prodotti biologici, tipici (figura 2), equo-solidali, ad alto valore aggiunto e contenuto di servizio.


La domanda di prodotti biologici inizia a crescere dal 2000, arrivando a rappresentare alla fine del 2003 ben l’1,5% dei consumi alimentari italiani e segnando una crescita del 24% rispetto all’anno precedente. Il bisogno di maggiori garanzie di sicurezza alimentare, la forte attenzione alle tematiche di compatibilità ed equilibrio ecologico, un nuovo bisogno di benessere fisico e psichico sono alla base del successo dei prodotti biologici e della più ampia category “wellness”. Il bisogno prevalente è la sicurezza alimentare, confermato anche dall’elevato peso decisionale che ricopre la presenza di garanzia di un ente certificatore (60%) verso il minor peso del brand del produttore (10%) e della catena distributiva (15%) (Ismea – AcNielsen 2004).

Nel 2004, questo mercato cresce a ritmi più contenuti (+8,5% vs p.y.), sviluppa un giro d’affari di 1,6 miliardi di Euro e coinvolge ben l’80% degli italiani. Se inizialmente il canale preferito dal consumatore BIO era il piccolo punto vendita specializzato, oggi prevale e continua a crescere la quota di acquisti in GDO (+24% nel 2004), anche per effetto dell’introduzione di numerose referenze BIO nelle gamme a marca commerciale. Negli ultimi due anni sia il modern trade sia l’industria di marca hanno introdotto numerose innovazioni: la GDO ha sviluppato Private Label BIO e sperimentato layout specializzati, arricchendo soprattutto l’offerta del format supermarket e puntando ad un posizionamento di prezzo inferiore al prodotto BIO di marca, ma superiore a quello indifferenziato di gamma commerciale. Tale strategia ha incontrato il favore del consumatore, facendo crescere il peso delle Private Label BIO nelle vendite Iper + Super del 125%. Anche l’industria di marca è entrata nel BIO, puntando soprattutto su una strategia di upgrading della gamma e sviluppando ricettazioni biologiche dei propri prodotti di riferimento. Tuttavia, la produzione ha ottenuto un successo minore del trade, realizzando una crescita del fatturato BIO delle linee IDM nel canale Super + Iper pari al 27%.

Anche il mercato dei prodotti tipici si è sviluppato notevolmente negli ultimi due anni, arrivando a rappresentare nel 2003 una quota importante dei consumi italiani: l’83% degli italiani acquista occasionalmente Tipico e tali produzioni rappresentano l’8% della spesa alimentare nazionale per un valore pari a 7,8 miliardi di Euro (+1,9% vs 2002) (Ismea – AcNielsen, Nomisma, Iri). Nel 2004, il successo delle produzioni tipiche si consolida, entrando nelle scelte abituali di consumo del 43% degli italiani. Alla base del successo di tali prodotti, il bisogno di riscoprire le dimensioni di località e territorialità attraverso il recupero delle tradizioni gastronomiche ed enologiche tipiche delle diverse aree produttive del paese. Il consumatore di prodotti di origine controllata, protetta e tipica acquista soprattutto formaggi (con 4,4 miliardi di Euro), salumi (con 2,8 miliardi di Euro) e vini, motivando la propria scelta con elementi quali la genuinità, la qualità elevata dei prodotti, i metodi produttivi tradizionali, il gusto differenziato e specifico della zona di provenienza.

Il consumatore di prodotti tipici apprezza gusto ricercato, elevata qualità e particolarità di accostamenti gastronomici delle produzioni tipiche ed è, per questo, molto più ricettivo verso il consumo extradomestico (9% dei consumi tipici), inteso spesso come momento degustativo. La ristorazione ha avviato un processo di innovazione dei format e dell’offerta per cogliere al meglio i bisogni alimentari emergenti, investendo inizialmente nel Tipico. Oggi, il concept di tipicità è re-interpretato in chiave internazionale per accogliere formule di ristorazione etnica; si stanno pertanto diffondendo concept basati sul BIO (+77% in numerica, se si considera anche la ristorazione collettiva). Il cambiamento più importante della ristorazione, che sposa i temi del tipico e del biologico, riguarda i format: i luoghi di ristorazione sono stati riprogettati per diventare luoghi multi-dimensionali di consumo ed essere declinati attraverso angoli per il consumo veloce e snackizzato, aree degustative e conviviali e, infine, aree di acquisto dell’ingredientistica. La combinazione tra luoghi di consumo e di acquisto è avvenuta anche all’interno delle superfici del trade che sperimenta angoli ristorativi evoluti, come ad esempio il sushi point e il punto bar per la degustazione dei caffè.

Il consumatore odierno, da un lato, recupera la tradizione attraverso dimensioni di naturalezza e tipicità e, dall’altro, diviene sempre di più esigente verso il contenuto tecnologico dei prodotti alimentari, apprezzando tutte quelle innovazioni basate sul concetto di easy and ready to use, in grado di facilitare la conservazione, la preparazione e il consumo dei prodotti alimentari. Il mercato del ready meal sviluppa un valore pari al 2,3 miliardi di Euro e coinvolge il 58% degli italiani. Il consumo di prodotti pronti è cresciuto lentamente in Italia sino al 2001 (1,63% annuo) (RTS Research 2001) per poi acquisire una sempre maggiore importanza, sviluppando una crescita del fatturato del 2,2% annuo fino al 2004 ed entrando nelle scelte abituali di consumo di circa il 9% degli italiani, prevalentemente giovani.

Il mercato dei ready meal è solo uno dei comparti in cui il consumatore ricerca e apprezza un alto contenuto di servizio e di innovazione. Proprio nella risposta a questa dimensione della domanda, l’industria di marca sta attualmente facendo i maggiori sforzi di investimento, ottenendo un buon successo presso il consumatore. Un altro trend forte di crescita dei consumi alimentari italiani è infatti quello dei prodotti ad alto contenuto di servizio, quali i prodotti nuovi – cibi e bevande con ricettazioni innovative, modificati per rispondere ad esigenze e bisogni di target specifici – e i prodotti evoluti – innovazioni di confezionamento e/o caratterizzazione. Nel 2004, i prodotti nuovi (bevande energetiche, yogurt “funzionali”, alimenti light o vitamizzati, cibi fitness e/o wellness, prodotti per giovanissimi, ciliaci, diabetici) sviluppano un fatturato complessivo di 8,2 miliardi di Euro pari all’8% del totale dell’industria alimentare, mentre i prodotti evoluti (sughi pronti, olii aromatizzati, condimenti freschi, piatti pronti a lunga conservazione, surgelati generici con portioning innovativo, combinazioni snack di più prodotti) generano un fatturato di 18 miliardi di Euro pari al 17% del totale dell’industria alimentare.

L’insieme di tali aspetti ha portato Net Present Value a costituire, nel corso del 2004, un osservatorio – Food Monitor – per approfondire i trend evolutivi del settore alimentare, in termini di stili di consumo emergenti e di risposte attuali e future del trade e dell’industria di marca. L’obiettivo è quello di delineare lo scenario futuro e di individuare le aree di innovazione e di ottimizzazione per la distribuzione e la produzione, rendendo sistematica la condivisione delle informazioni derivanti dalle attività di ricerca e di analisi.


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